La vicenda meridionale ricordata con il nome di «grande brigantaggio» ha inizio nel 1861 con il propagarsi di disordini in Irpinia, Molise, Abruzzo e Basilicata, oltre che in Puglia e Calabria. Si tratta di rivolte popolari filoborboniche, fomentate anche da alcuni distaccamenti dell'ex esercito del Regno delle Due Sicilie. L'episodio più clamoroso avviene a Isernia, dove soldati borbonici e folle di contadini si scontrano con le forze dell'ordine e massacrano intere famiglie borghesi. Il governo italiano invia il generale Enrico Cialdini in qualità di luogotenente generale, con poteri speciali per la repressione del brigantaggio e un contingente di circa 50.000 soldati. Gli scontri sono violenti e culminano in bombardamenti e massacri che non risparmiano la popolazione civile. A Casalduni e a Pontelandolfo, in Campania, gli uomini di Cialdini appiccano il fuoco alle case degli abitanti, sospettati di aver fornito aiuto ai «briganti»: nell'episodio perdono la vita circa 400 persone, tra le quali anche donne e bambini. In ottobre Cialdini viene sostituito dal generale Alfonso La Marmora. In seguito alla dichiarazione dello stato d'assedio in Sicilia e nelle province del Mezzogiorno continentale, nel 1862 in Italia meridionale arrivano 120.000 soldati, oltre a carabinieri e polizia. Il 15 agosto 1863 entra in vigore la legge Pica, che conferisce ai tribunali militari la giurisdizione esclusiva in tutte le questioni riguardanti il brigantaggio e regolamenta i sistemi repressivi, ponendo un freno alle fucilazioni indiscriminate nelle città e nelle campagne. La legge rimarrà operativa fino al dicembre 1865, ma il fenomeno potrà dirsi esaurito soltanto nel 1870. Nel complesso le vittime saranno oltre 5.000 nell'arco del decennio. Il «grande brigantaggio» si caratterizza per la forte dimensione politicomilitare, mentre la protesta sociale e l'intreccio con la criminalità sono ancora marginali. Tutto si svolge in luoghi che allora non sono interessati dalla questione criminale (Puglia, Basilicata e parte della Campania), e non esiste in Sicilia e in Calabria (se non nella parte settentrionale), dove già in questo periodo si possono invece rilevare embrioni di criminalità organizzata.