L'Italia uscita dal boom economico doveva smaltire gli effetti della grande trasformazione che improvvisamente ne aveva cambiato la struttura economica e gli assetti sociali. Il sistema dei partiti legittimati dalla Costituzione si consolidò e per un trentennio gestì le sorti del nostro Paese. Furono anni di grandi tensioni che attraversarono la pagina drammatica e dolorosa del terrorismo e delle stragi che seminarono lutti e paure negli anni settanta del Novecento. Ma furono anche anni in cui gli spazi pubblici della cittadinanza e della partecipazione politica si allargarono considerevolmente, in una stagione che legò saldamente la democrazia al welfare, i conflitti sociali (in particolare quelli segnati dal biennio 1968-1969) a una straordinaria estensione dei diritti civili. I vistosi cambiamenti che interessarono il mondo occidentale (la crisi dell'industria fordista, il ridimensionamento del ruolo dello Stato, l'avvio tumultuoso del processo di globalizzazione) dopo il 1980 rimbalzarono anche in Italia provocando un primo scollamento tra la realtà del Paese e il sistema dei partiti. La società italiana si ridefinì in termini che appaiono già compiutamente postnovecenteschi: tra il 1981 e il 1989 la percentuale della popolazione attiva addetta all'industria passò dal 36,3% al 32,2%, mentre quella degli addetti ai servizi balzò dal 50,9% al 58,6% (in agricoltura si registrò una diminuzione dal 12,8% al 9,3%). Il terziario avanzato (servizi, istruzione, informazione, ricerca scientifica e tecnologica, consulenza) si impose come il settore più dinamico della nostra economia, terra di conquista per una nuova, vivace industria computerizzata, per giovani manager, nuove dinastie imprenditoriali. Il mondo della politica stentò a intercettare questi cambiamenti. Un segno di novità fu l'interrompersi della serie continua dei capi del governo democristiani, che portò alla carica di presidente del consiglio prima il repubblicano Giovanni Spadolini (nel 1981), poi il socialista Bettino Craxi (nell'agosto 1983). L'Italia confermò la sua antica vocazione europeista aderendo nel 1992 ai trattati che portarono al varo dell'Unione europea; si fecero sentire, nel frattempo, anche gli effetti di quel crollo dei regimi comunisti che ridisegnò lo spazio politico dell'Europa. Al XIX Congresso del PCI (7-11 marzo 1990), il segretario Achille Occhetto propose di trasformare il partito in una nuova forza democratica e riformista, aderente all'Internazionale Socialista. Il XX Congresso (nel gennaio 1991) approvò infine la dissoluzione del PCI, la cui eredità confluì in due nuovi soggetti politici: il PDS (Partito democratico della sinistra) e il Partito della Rifondazione Comunista. Poi, il 17 febbraio 1992, venne arrestato a Milano un ex consigliere provinciale del PSI, Mario Chiesa, presidente di un ente pubblico per l'assistenza agli anziani. Fu l'inizio dell'inchiesta Mani Pulite condotta dalla Procura di Milano sulla corruzione degli ambienti politici e imprenditoriali. Le indagini coinvolsero diversi esponenti politici e misero in luce un sistema di corruzione diffuso e generalizzato, che coinvolgeva a diversi livelli la società e i partiti.