Garibaldi punta su Roma alla testa di una spedizione di volontari. Viene fermato dall’esercito italiano sull’Aspromonte.
Al diffondersi della notizia del trasferimento della capitale del Regno d’Italia da Torino a Firenze, nella città sabauda scoppiano tumulti popolari, repressi nel sangue da carabinieri e militari in assetto di guerra. Circa cinquanta i morti, oltre cento i feriti. Il 19 novembre il Parlamento approva la legge per il trasferimento della capitale.
Il Sillabo. Il documento, pubblicato in calce all’enciclica Quanta cura di Pio IX, condanna i «principali errori dell’età nostra», tra i quali il liberalismo e il socialismo.
Inizia la Terza Guerra d’Indipendenza. L’Italia, dopo aver accettato la proposta di alleanza avanzata dalla Prussia, entra in guerra contro l’Austria.
L'esercito italiano viene sconfitto dagli austriaci a Custoza.
La battaglia navale di Lissa. Gli italiani subiscono presso l'isola dalmata una nuova ingloriosa sconfitta.
I Cacciatori delle Alpi di Garibaldi vincono sugli austriaci in Trentino, presso Bezzecca. La marcia vittoriosa dei volontari viene fermata da un ordine del governo che sta già trattando la resa. Garibaldi risponde con il celebre telegramma di una sola parola: «Obbedisco».
Insurrezione antigovernativa a Palermo. Per sette giorni migliaia di siciliani assaltano prefettura e questura. La rivolta viene domata nel sangue da 40.000 soldati comandati da Raffaele Cadorna. Svariate centinaia di rivoltosi e oltre duecento tra agenti e soldati muoiono negli scontri.
Con la pace di Vienna l'Italia ottiene il Veneto. Poiché l'esercito italiano non si è dimostrato all'altezza dei suoi alleati, il territorio viene ceduto in prima battuta alla Francia che poi lo dona all'Italia.
Garibaldi, mentre tenta di nuovo di raggiungere Roma, viene fermato dalle truppe pontificie e francesi a Mentana.
I moti del macinato. La nuova imposta sul macinato introdotta dal governo aggrava le già disastrose condizioni di povertà delle campagne italiane. L'entrata in vigore della legge, il 1° gennaio, è causa di tumulti e disordini: per tre mesi, tra la fine del 1868 e l'inizio del 1869, in tutta la penisola la popolazione si scontra violentemente con l'esercito. La repressione lascia sul terreno circa 250 morti e più di mille feriti. Migliaia gli arrestati.