Nel 1815 eravamo un'espressione geografica. Nel 1870 eravamo uno Stato unito, con delle istituzioni, una lingua, una cultura compiutamente nazionali. A scandire tutte le fasi del nostro Risorgimento fu un irripetibile intreccio tra lo slancio volontaristico dal basso e l'iniziativa politico diplomatica della monarchia sabauda dall'alto. La nostra penisola fu percorsa in tutta la sua lunghezza da spedizioni, tentativi insurrezionali tanto generosi quanto sfortunati, quasi avvolta in un fitto gomitolo di itinerari che andavano dal Nord al Sud e viceversa. Non solo i Mille di Garibaldi e la loro impresa del 1860, non solo quindi da Quarto a Marsala e da Marsala al Volturno. Prima c'erano stati i fratelli Bandiera con i loro compagni che, da Venezia, erano andati a morire al Sud nel vallone di Rovito. Poi l'impresa eroica e sfortunata di Pisacane, infrantasi tra Sapri e Padula. E prima ancora c'erano stati quelli che erano venuti dal Sud al Nord, gli esuli napoletani del 1848, quelli che (da De Sanctis a Spaventa) la Torino dei Savoia seppe accogliere con fraterna ospitalitą. E c'era stata una nuova geografia italiana, fatta non pił di campanili e paesaggi, ma ridisegnata dalle insurrezioni di Palermo, Napoli, e poi della Roma repubblicana, della Milano delle Cinque giornate, della Venezia di Daniele Manin. Non solo quindi Mazzini e Garibaldi, Cavour e Vittorio Emanuele, ma anche l'appassionato concorso di giovani che scelsero di lasciare gli agi di una condizione sociale spesso privilegiata per mettersi al servizio di un progetto di Stato, di un'idea di patria. Furono soprattutto le armi degli italiani a fare l'Italia unita, in particolare dando vita alle guerre di indipendenza, nel 1848-1849 e nel 1859, e infine nel 1866, con un esercito che si poteva dire ormai pienamente italiano. E furono le armi a unire Roma, nuova capitale, presa dai bersaglieri nel 1870, sigillo di un processo unitario lungo e difficile, che aveva visto anche nelle campagne del Mezzogiorno gli italiani combattere contro altri italiani, «piemontesi» contro «briganti». Alle armi gli italiani affiancarono i libri della loro cultura e dei loro scrittori (Manzoni, Leopardi, Foscolo), le idee di coloro (Cattaneo, Gioberti, Mazzini, Cavour) che alimentarono i mille rivoli che confluirono nel Risorgimento. Alla fine, si poteva certamente discutere il modo in cui l'Unitą d'Italia era stata raggiunta; ma per tutti l'Unitą fu un traguardo agognato e un valore conquistato.