Tra il 1943 e il 1945 la furia dei nazisti contro i civili italiani fece registrare oltre 400 episodi di uccisioni collettive (con un minimo di 8 morti): alla fine, la somma fu di circa 15.000 vittime. Il terrore scatenato dall'esercito tedesco contro i civili italiani rappresenta un fenomeno unico per tre ragioni: l'imponenza delle cifre delle vittime; la partecipazione attiva di altri italiani, dei fascisti arruolati nella RSI; il fatto che tutti quegli episodi si siano configurati non genericamente come azioni di guerra ma come crimini in violazione alle leggi vigenti e alle convenzioni internazionali. Dei 400 casi di stragi accertate, solo una decina diedero luogo a un processo, con condanne esemplari come quelle inflitte a Herbert Kappler per le Fosse Ardeatine e Walter Reder per Marzabotto. Per il resto, tutti i procedimenti furono insabbiati e le 15.000 vittime non ebbero giustizia.