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1961-1990

Lo stragismo (1969-1984)

La storia d'Italia tra il 1969 e i primi anni ottanta vede il dilagare della violenza terroristica. A sinistra gli attentati sono opera di organizzazioni di matrice ideologica comunista che mirano alla rivoluzione: le Brigate Rosse, Prima Linea, i Nuclei Armati Proletari e altre formazioni minori; a destra i neofascisti, insieme ad apparati dello Stato deviati, sono le principali forze protagoniste della strategia della tensione, che accentuano la spirale delle stragi e dei tentativi di golpe per imprimere al paese una svolta autoritaria. Entrambe le strategie falliranno.


Lo stillicidio delle stragi di matrice fascista, in cui affiora quasi sempre un ruolo ambiguo dei servizi segreti, scandisce l'intero corso dei cosiddetti anni di piombo. Dopo la strage di Piazza Fontana del 12 dicembre 1969, un altro ordigno a Milano, davanti alla questura, causa quattro morti e 45 feriti: è il 17 maggio 1973. Un anno più tardi, il 28 maggio 1974, a Brescia, in Piazza della Loggia, nel corso di una manifestazione antifascista, esplode una bomba che provoca otto morti e 103 feriti, mentre il 4 agosto successivo 12 persone muoiono e 48 vengono ferite in un attentato al treno Italicus. E così via, in un tragico crescendo, sfociato nell'orrore della bomba esplosa alla stazione di Bologna il 2 agosto 1980: 85 morti e 200 feriti. Nello stesso anno un aereo di linea si inabissa nel mare di Ustica. Il 23 dicembre 1984 è ancora un treno a saltare in aria nelle gallerie tra Bologna e Firenze: la strage del Rapido 904 provoca 16 morti. In definitiva, per 15 anni - dal 1969 al 1984 - l'Italia è un Paese insanguinato dalla logica del terrore. Alla fine si contano quasi 150 morti. Alle stragi si alternano tentativi falliti di sovvertire l'ordine democratico con colpi di stato militari, come quello capeggiato dal fascista Junio Valerio Borghese tra il 7 e l'8 dicembre del 1970.