Tra il 1900 e il 1996 in Italia si registrano 45 terremoti catastrofici con quasi 130.000 morti. L'Italia è quindi uno dei Paesi a più alto rischio sismico e vulcanico del mondo: il 70% della popolazione vive in comuni «ballerini»; il 32% nei 2.000 comuni classificati come «altamente sismici». Belice (1968), Friuli (1976), Irpinia (1980), e poi via di seguito fino ai recenti in Umbria, in Molise e all'Aquila: una sequenza implacabile di terremoti che scandisce soprattutto la storia dell'Italia repubblicana.
15 gennaio 1968
Il Belice. Tre interi paesi sono rasi al suolo: Montevago, Salaparuta, Gibellina; la zona più colpita è quella del triangolo compreso fra le provincie di Agrigento, Trapani e Palermo.
6 maggio 1976
Il Friuli. Il Friuli centrale è colpito da un terremoto di rara violenza: 6,3 di magnitudo secondo la scala Richter. In settembre le scosse riprendono in uno sciame fitto e continuo.
23 novembre 1980
L'Irpinia. Alle ore 19 e 35 si scatena un violentissimo terremoto - tra il nono e il decimo grado della scala Mercalli - che colpisce la Campania e la Basilicata e il cui epicentro è individuato a dieci chilometri da Eboli. A Laviano viene giù l'intero paese. Altrettanto agghiacciante lo scenario a Conza, Lioni, Sant'Angelo, Teora, Castelnuovo, Baronissi, Balvano, tutti paesi rasi al suolo. Cento cittadini di Balvano, mentre pregano nella loro chiesa, sono sepolti dal crollo dell'edificio. Colpita al cuore anche la città di Napoli con migliaia di edifici inagibili.