Filosofo, storico e critico italiano; nel 1883 la vita del Croce fu sconvolta da una tragedia: i genitori e la sorella morirono nel terremoto di Casamicciola ed egli stesso fu estratto assai malconcio dalle macerie, sotto le quali trascorse alcune ore drammatiche; lo zio Silvio Spaventa assunse la tutela dei due superstiti, il giovane Benedetto e un fratello, i quali si trasferirono così a Roma, nella casa molto frequentata dell'autorevole uomo politico; decisiva fu invece l'influenza delle lezioni di filosofia morale di Antonio Labriola, anche nel senso che da esse il Croce apprese il valore catartico dello sforzo di chiarificazione razionale, quando esso si esercita sui travagli e sui turbamenti dell'animo; nacque così una lunga amicizia, che ebbe un gran peso nell'evoluzione intellettuale del giovane Croce. Il quale tuttavia, dopo essere tornato nel 1886 a vivere a Napoli, sembrò trovare per qualche tempo nelle ricerche erudite, inframezzate da ben organizzati viaggi di studio, il campo di applicazione più congeniale; lesse allora anche la Scienza nuova del Vico e scoprì quello che doveva restare uno dei suoi grandi autori, accanto al De Sanctis e allo Hegel; negli anni immediatamente seguenti (1895-1900) il Croce, in stretto contatto col Labriola, si avvicinò con la stessa ansia di chiarificare e di "capire" all'opera di Marx: il marxismo è respinto come globale concezione del mondo ed è accolto solo come canone di interpretazione della storia; a quegli stessi anni dell'ultimo Ottocento risalgono l'inizio dell'amicizia con il Gentile; nel 1903 (20 gennaio) uscì il primo numero della Critica, la rivista che per oltre un quarantennio fu la palestra e la guida dei migliori intellettuali italiani; importante l'attività di Croce come critico letterario; accanto a questa attività prodigiosa di critico e di organizzatore della cultura si sviluppò l'altra di "svolgimento e compimento di quel complesso di pensieri impliciti nell'Estetica": nacque così il "sistema" crociano: Un pathos ideale è in larga misura il riflesso dell'esperienza politica del Croce e della sua resistenza al fascismo; già senatore fin dal 1910, giolittiano e neutralista alle soglie della prima guerra mondiale, il filosofo mantenne dinanzi al fascismo nascente un atteggiamento di attesa e di "comprensione" storicistica, nel convincimento che la nuova violenza fosse un provvidenziale strumento di libertà escogitato dall'imprevedibile astuzia della storia; dopo il 1925 tuttavia prese decisamente posizione contro il nuovo regime, stilò il celebre Manifesto antifascista degli intellettuali italiani e approfondì anche sul piano morale quel distacco dal Gentile che sul piano delle divergenze dottrinarie datava ormai da molti anni; fu per tutto il ventennio il capo riconosciuto dell'opposizione "moderata" al regime; né lui, né il suo fido editore Laterza, né i suoi amici ebbero una vita facile, ma la notorietà internazionale del Croce costringeva il regime a essere cauto e limitava le sue possibilità di intervento; dopo la caduta del fascismo il vecchio filosofo dovette piegarsi, sempre con l'antica riluttanza, a entrare come protagonista nella vita politica nazionale; fu ministro senza portafoglio nei gabinetti Badoglio e Bonomi, presidente del partito liberale fino al 1947, membro della Consulta (1945), deputato all'Assemblea costituente (1946); dopo il referendum rifiutò la carica di capo provvisorio dello Stato e successivamente quella di senatore a vita