Politico jugoslavo, nome di battaglia di Broz, Josip; aderì al partito socialista; prese parte alla fondazione del partito comunista iugoslavo; più volte arrestato, condannato a sei anni di prigione nel 1928, appena liberato si rifugiò a Mosca, poi a Parigi (1936), dove cooperò alla formazione delle brigate internazionali dopo lo scoppio della guerra civile spagnola; segretario del partito comunista iugoslavo (1937), rientrò clandestinamente in patria e, a partire dal 1941, guidò la resistenza contro le forze d'occupazione dell'Asse e i collaborazionisti ustascia; nel marzo 1945 divenne presidente del governo e comandante in capo delle forze armate; terminata la guerra, conservò la leadership del paese; dopo la rottura con il Cominform (giugno 1948), Tito si avvicinò alle potenze occidentali, ma conservò una posizione di sostanziale neutralità tra i due blocchi, all'interno promosse la "via iugoslava al socialismo", rinunciando alla collettivizzazione delle campagne, istituendo l'autogestione dei lavoratori nelle aziende e trasformando il partito comunista in Lega dei comunisti (1952); eletto presidente della Repubblica Federale Iugoslava (1953), si riconciliò con l'Unione Sovietica; nel 1966, dopo la soppressione della carica di segretario generale, venne eletto presidente della Lega dei comunisti di Iugoslavia; negli anni Settanta, indiscusso leader del movimento dei paesi non allineati, compì numerosi viaggi all'estero e ricoprì spesso il ruolo di mediatore; nel 1971 fece approvare una riforma costituzionale che istituiva la presidenza collegiale della repubblica e mirava a rafforzare le strutture federative del paese; nel 1974 fu acclamato presidente a vita sia della Lega dei comunisti che della repubblica