Maresciallo d'Italia e uomo politico; dopo una brillante carriera militare in Eritrea (1896- 1897) e in Libia (Zanzur, 1912), fu, all'inizio della prima guerra mondiale, tenente colonnello addetto al comando della 21 armata; poi, capo di SM del VI corpo d'armata, diresse personalmente l'attacco e la conquista del Sabotino (maggio 1916), ricevendo la promozione a generale per merito di guerra; divenne quindi uno dei più stretti collaboratori di Diaz come sottocapo di SM dell'esercito, carica cui era stato chiamato dopo la sconfitta di Caporetto; negoziò l'armistizio di Villa Giusti (1918), fu commissario straordinario nella Venezia Giulia all'epoca della crisi di Fiume, capo di SM dell'esercito (1919-1921), senatore dal 1919, ambasciatore in Brasile (1924-1925), capo di SM generale (1925), maresciallo d'Italia (1926), governatore della Libia dal 1929 al 1933; il 15 novembre 1935 assunse il comando supremo delle forze impegnate nella guerra d'Etiopia, sostituendo De Bono, e conducendo rapidamente a termine la campagna fino all'entrata delle truppe italiane in Addis Abeba (maggio 1936); nominato viceré d'Etiopia e duca di Addis Abeba; contrario all'entrata in guerra, mantenne le funzioni di capo di SM generale, negoziando l'armistizio con la Francia; ostile alla campagna di Grecia, dopo i primi insuccessi fu sostituito da Cavallero (dicembre 1940); il 25 luglio 1943 il re Vittorio Emanuele III lo chiamò a formare il ministero dopo l'arresto di Mussolini; nei quarantacinque giorni di governo fino all'8 settembre, mantenne un contegno ambiguo tenendo a bada i Tedeschi e negoziando al tempo stesso con gli Alleati un armistizio poi firmato a Cassibile (3 settembre) e da lui reso inaspettatamente noto il pomeriggio dell'8 settembre 1943, su pressione del generale Eisenhower che non volle dilazionare oltre l'annuncio. Badoglio si ritirò con il re a Brindisi, emanando ordini confusi e contraddittori di fronte all'inevitabile reazione tedesca, mentre il paese cadeva nel caos; il 13 ottobre 1943 dichiarò guerra alla Germania, dopo aver firmato a Malta un secondo armistizio (29 settembre: "armistizio lungo"); riuscì con vari rimaneggiamenti a far durare il proprio ministero tecnico fino al 22 aprile 1944, quando poté costituire un gabinetto su più larghe basi, anche per l'appoggio concessogli dal leader comunista Togliatti, dopo che i partiti si erano accordati sulla luogotenenza che il principe Umberto avrebbe dovuto assumere alla liberazione di Roma; avvenuta questa, fu sostituito (giugno 1944) da Ivanoe Bonomi, capo del CLN, e si ritirò a vita privata