Politico italiano; eletto nel 1886 deputato di Foggia alla camera, amico di S. Sonnino (alla cui Rassegna settimanale diede un'attiva cooperazione), sedette nei banchi del centro-destra, ispirando le sue posizioni politiche al liberalismo classico di Cavour; cercò di dar vita a un partito modellato sul tipo della vecchia Destra storica. Sottosegretario alle finanze nel primo ministero Di Rudinì (febbraio 1891 - maggio 1892), ancora alle finanze e poi al tesoro nell'ultimo gabinetto Crispi (dicembre 1893 - marzo 1896), fu poi più volte ministro (dell'agricoltura nel secondo gabinetto Pelloux [maggio 1899 - giugno 1900], delle finanze con Sonnino [febbraio-maggio 1906] e del tesoro sempre con Sonnino [dicembre 1909 - marzo 1910]); nel marzo 1914 sucedette al dimissionario Giolitti come presidente del consiglio e il suo gabinetto si trovò ad affrontare la grave crisi politica europea che culminò nello scoppio del primo conflitto mondiale; decise di mantenere l'Italia neutrale (31 luglio 1914); ma nei mesi successivi, e specialmente dopo il rimpasto governativo del novembre (che portò al ministero degli esteri Sonnino), si orientò sempre più decisamente verso l'intervento a fianco dell'Intesa; la pressione dei neutralisti divenne anzi tanto forte che Salandra il 13 maggio decise di rassegnare le sue dimissioni, che furono però respinte da Vittorio Emanuele III (16 maggio). La strada per l'intervento era stata così aperta: Salandra il 20 maggio ottenne i pieni poteri dal parlamento e il 24 maggio l'Italia entrava in guerra. Salandra continuò a dirigere la politica italiana fino al 10 giugno 1916 quando fu messo in minoranza nel corso del dibattito parlamentare sull'offensiva austriaca nel Trentino (la Strafexpedition); delegato alla conferenza di Parigi dopo la fine della guerra e poi rappresentante dell'Italia a Ginevra, Salandra appoggiò inizialmente il regime fascista, ritenendo che esso potesse essere riassorbito nella normale pratica parlamentare, ma nel 1925 lasciò la vita politica. Senatore dal 1928