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Il volto della patria

La rappresentazione dell'Italia dopo l'Unità


Unità l'Italia, il modo più efficace di rappresentare agli occhi degli italiani la nuova nazione è quello di darle un volto, un'età, e corredarla di simboli. L'Italia viene raffigurata come una giovane ragazza, spesso con una corona turrita in ricordo della tradizione municipale, secondo un modulo già usato prima del 1861. Ma altre volte è ritratta come una popolana, un agricoltore, un artigiano o un bambino; talvolta, a significare un'Italia unita dalle armi, con l'uniforme e il cappello piumato da bersagliere.



I mezzi di diffusione dell'iconografia della patria


I luoghi di questa raffigurazione sono quelli classici: quadri, statue, stampe; ma anche i nuovi strumenti della comunicazione di massa in rapida espansione (riviste, periodici, manifesti, cartoline), dalla seconda metà dell'Ottocento molto popolari e diffusi. La satira, che in questi anni è molto praticata nella rappresentazione del dibattito politico, fa propria la raffigurazione femminile dell'Italia: con o senza corona, l'Italia invade le tavole colorate delle riviste satiriche e dei molti fogli di informazione, subendo spesso trasformazioni grottesche.



L'Italia combattente, madre e vedova della prima guerra mondiale


La prima guerra mondiale accentua il bisogno di una rappresentazione propagandistica della patria: di conseguenza, vengono adottati simboli e stereotipi che si rifanno alla guerra e alla vita militare. L'Italia si arma: non solo nella realtà. Indossa elmi e corazze, brandisce spade, ricupera immagini dalla classicità, soprattutto quando celebra il «culto dei caduti» che proprio in quegli anni conosce una rapida diffusione. Talora rappresentata come una madre, per sottolineare la funzione del grembo familiare, l'Italia, nel corso della guerra, assume anche le fattezze della vedova che ha perduto il proprio uomo al fronte.



L'immagine fascista dell'Italia


La rappresentazione femminile della patria e della nazione non coincide con la virilizzazione della politica italiana voluta dal Fascismo, il cui universo simbolico e politico è popolato da entità maschili: il Duce, prima di tutto, ma anche il partito, lo Stato, il regime. Per ridefinire i simboli ufficiali della nazione, il Fascismo non rinnega l'immagine della fanciulla turrita, poiché esprime pur sempre un'idea di gioventù, un tratto centrale della retorica fascista; ma la circonda di fasci littori e di un ampio repertorio simbolico che si rifà alla romanità classica.



Il declino di un simbolo


Nel 1946, al momento di decidere il simbolo della Repubblica da stampare sulla scheda del referendum istituzionale, una testa di donna turrita viene preferita a una «R» che, secondo De Gasperi, avrebbe potuto essere letta come l'abbreviazione di «Re». La rappresentazione femminile dell'Italia viene dunque prontamente ripresa per la sua grande capacità di sintesi nelle infuocate campagne elettorali degli anni quaranta e cinquanta. A partire dagli ultimi decenni del XX secolo, l'Italia con le fattezze della fanciulla è di fatto uscita dal vocabolario simbolico della politica.