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L'Italia delle città

L'Italia preunitaria è frammentata in diversi Stati, segnati da antichi particolarismi cittadini, da posizioni politiche e tradizioni culturali fortemente diversificate. È un processo lento, complesso e non lineare che porta queste visioni localistiche verso una prospettiva più ampia, di indipendenza nazionale e di unità. In quegli anni alcuni aspetti della vita culturale travalicano l'ambito ristretto del territorio cittadino o regionale: in particolare il teatro dell'opera e il melodramma sono capaci di parlare a tutta la penisola e alle sue diverse realtà con un linguaggio comune e potenzialmente nazionale: a Torino, a Milano, a Roma, a Napoli, a Firenze, a Genova, Palermo e Venezia.


 


Torino e Genova


L'Italia preunitaria mette in luce prevalentemente la pluralità dei luoghi e delle idee che concorrono al processo unitario. Un'idea di monarchia e di repubblica si fronteggiano, pur condividendo l'obiettivo dell'unificazione nazionale: hanno in Torino e Genova le loro città d'elezione. A Torino il pensiero moderato segna le tappe di un cammino di riforma in senso liberale: l'entrata in vigore, nel 1838, del nuovo Codice civile del Regno di Sardegna, l'emanazione dello Statuto Albertino il 4 marzo del 1848, o ancora la presidenza del consiglio di Cavour (1852). A Genova risaltano le date di un'attività cospirativa e azionista: l'arresto di Mazzini del 1830, la condanna a morte in contumacia di Garibaldi del 1834, l'insurrezione repubblicana del 1849; il congresso delle società operaie del 1855; la partenza dei Mille del 1860. Ma avviene nuovamente a Torino, il 17 marzo 1861, la promulgazione della legge che istituisce l'Unità d'Italia.


 


Milano e Venezia


Altro scenario, e altro binomio lega viceversa le due grandi città del Lombardo-Veneto: Milano e Venezia, rispettivamente connotate da un ciclo di progresso e di decadenza. La prima è la più moderna città italiana, la seconda patisce la perdita di ruolo che l'ha fatta grande ai tempi della repubblica e del primato mercantile. La prima guarda al futuro, borghese e politecnica; l'altra è rivolta al passato, aristocratica e romantica. Solo il 1848 le accomuna in una vampata insurrezionale. Altrimenti, soltanto Milano ha date da ricordare: quella dei primi numeri de «Il Politecnico » di Carlo Cattaneo nel 1839, l'inaugurazione della ferrovia fra Milano e Monza nel 1840, la nascita della «Rivista europea» nel 1845, e infine il primo numero de «Il Crepuscolo» nel 1850; tutti segnali di una straordinaria vivacità culturale.


 


Firenze


Firenze è viceversa il luogo di sedimentazione e di identificazione di una cultura nazionale profonda. È la patria delle memorie letterarie e artistiche, della lingua. È un ricordo di Medioevo e di Rinascimento, è la tappa eccellente del Grand Tour, il luogo dove Foscolo ha dettato il collegamento fra un'antichità illustre e un nuovo patriottismo. È il luogo dove soggiorna Manzoni nel 1827; dove si inaugura il monumento a Dante (1830) e Vieusseux fonda l'Archivio Storico Italiano (1842); dove nel 1859 una sollevazione pacifica allontana il granduca Leopoldo II e un plebiscito sancisce nel 1860 l'annessione della Toscana al Piemonte costituzionale di Vittorio Emanuele II.


 


Roma


D'altro canto, Roma è capitale e simbolo della Chiesa universale, memoria di antichità classiche, sede unica di un governo clericale, bastione del tradizionalismo e ostacolo sostanziale al processo di unificazione nazionale: nonostante i sussulti provocati dalle speranze di un liberalismo cattolico, incoraggiato da Pio IX, a cui, tuttavia, l'esperienza rivoluzionaria della Repubblica del 1849 mette fine. Pio IX viene eletto al soglio nel 1846 e subito un'amnistia per i prigionieri politici lo fa salutare come un innovatore. L'istituzione di una Consulta (1847) conferma poi le tendenze riformatrici in senso liberale. L'anno dopo Pio IX non partecipa alla guerra contro l'Austria provocando forti delusioni fra i liberali. La Repubblica romana del 1849 lascia declinare ogni speranza, facendo arroccare le posizioni del pontefice in senso conservatore e rigidamente contrario al processo di unificazione nazionale.


 


Napoli e Palermo


Napoli e Palermo rappresentano il volto del Mezzogiorno, tendenzialmente alternativo alla nazione che si va annunciando sotto la guida dei Savoia. Anche i Borboni, in effetti, coltivano l'ambizione di figurare fra le potenze europee e scommettono sull'industria cantieristica come chiave di un collegamento possibile fra l'Italia meridionale e il Mediterraneo: il loro regime assolutistico, tuttavia, penalizza le istanze liberali e nonostante una certa apertura alle innovazioni tecnologiche, Napoli rimane la capitale di un territorio desolatamente arretrato. Palermo vive, in questo quadro, un progressivo declassamento che ne incoraggia le antiche tendenze autonomistiche. Questa contraddittoria dialettica fra dominio napoletano e dipendenza palermitana avrà una sua importanza nel favorire l'impresa garibaldina. A Napoli, in effetti, una cronologia sommaria racconta un tentativo di modernizzazione: l'inaugurazione della prima ferrovia italiana, la Napoli-Portici, nel 1839; l'illuminazione a gas nel 1840; l'inaugurazione della società di navigazione De Martino e l'avvio dei lavori del cantiere navale di Castellammare nel 1841; la fondazione della Società di navigazione nell'Atlantico nel 1842. Sono viceversa date di rivolta quelle di Palermo: fin dal tentativo di sommossa costituzionale del 1831, ai tumulti popolari del 1837; la prima rivoluzione in Italia, del 12 gennaio 1848; l'insurrezione dell'aprile 1860 con la conseguente fine, il 6 giugno, del governo borbonico della Sicilia. Preludi alla conquista garibaldina di tutto il Mezzogiorno e all'unificazione nel segno del Piemonte sabaudo.